Pagina:Autobiografia di Monaldo Leopardi.pdf/55


del conte monaldo leopardi 41


XXVI.

Trattato di matrimonio in Bologna.

Tutti mi dicevano di prender moglie e con un ragazzo di vent’anni, che non sia troppo dissipato non occorrono molte esortazioni per persuaderlo al matrimonio. Questo pensiero mi andava girando per la testa allorchè nell’aprile o nel maggio del 1796 un sensalaccio forestiere che mi aveva ajutato a contrarre qualche debito venne a propormi di sposare una damina di Bologna di famiglia illustre e con dote cospicua. Ammisi il discorso, ma colui mi cavò dalle mani quindici scudi, e non si vide più. Però nel mese di luglio scrivendomi sul proposito istesso il sig. Camillo Vizzani mercante di Bologna accreditato che io conoscevo, e palesandomi essere la sposa propostami la marchesa Diana figlia del marchese Camillo Zambeccari, e della principessa donna Laura Lambertini, s’incaminò il trattato in modo più conveniente. In questo tempo il conte Luigi Gatti mio amico dovendo recarsi a Bologna per affari suoi, ebbe e quasi volle incombenza da me di conoscere la damina e di parlare del matrimonio. Anche allora il collocare le giovani era difficile, quantunque meno di adesso e i padri vedevano con buona cera chiunque proponeva nozze per le figlie loro, sicchè il marchese Zambeccari e la moglie, e la figlia, e tutti i congiunti fecero a quel cavaliere accoglienza lietissima. Egli di buon cuore, un po’ facile, e per natura alquanto ampolloso restò preso da quelle carezze e abbagliato dai bei cognomi che decoravano quel parentado e al ritorno mi disse tanto bene di tutto che mi persuase a partire con lui per Bologna per