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vesciarne le istituzioni più utili e rispettate hanno incominciato dall’eguagliare il vestiario di tutti i ceti raccomandando la causa loro alla moda. Finchè i cavalieri portavano la spada al fianco, vestivano abiti raccamati, e caminavano col servitore appresso, e finchè le dame si mostravano col corredo delle regine, la filosofia poteva gridare a sfiatarsi ma il popolo non si induceva a credersi eguale di quelli che ammirava per sentimento, rispettava per abitudine, e lasciava grandeggiare per necessità. Si sono espulse le spade, i galloni, i broccati, le pettinature, e si sono sostituiti il sans façon, il desabilliè, il cambrich, i pantaloni, i baffi e i grandi scopetti. Questi abiti costano due baiocchi, e tutti hanno due baiocchi, e tutti li due baiocchi sono compagni, sicchè tutto il mondo è uguale, e di tutta la carne umana si è fatta una massa sola. Non più distinzioni, non più ranghi, non più ordini di società ma uguaglianza di tutti in tutto, e promiscuità di tratto, di educazione, di matrimoni, di massime, e di viltà che non si vedevano in alcuni ceti perchè divisi dai ceti vili, e che gli stessi ceti vili procuravano di evitare, perchè intendevano di emulare i ceti superiori.

XXV.

I primi atti della mia amministrazione.

Feci buon uso dei primi momenti di libertà. Il mio zio Ernesto allorchè aveva diciassette anni rinunziò la sua porzione di patrimonio in favore della primogenitura, ma poi sentendone pentimento, o cedendo alle suggestioni di gente interessata ad abusare della sua bontà, domandò ed ottenne la restituzione in intiero. Si litigò un poco fra i miei tutori e lui, e si diceva che egli avrebbe perduto, ma