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del conte monaldo leopardi 33

dominato dall’orgoglio, e lo ero effettivamente e lo sono tuttora, quantunque gli anni, l’esperienza e le avversità mi abbiano insegnato a dominare, e forse a nascondere solamente questa passione. Come si leghino nell’animo mio, orgoglio e mansuetudine, io non lo so, ma so che non sono altiero, non sono collerico, amo tutti, non cerco vendette, faccio bene a chi mi fa male, e tuttavia sono orgoglioso. Il cuore dell’uomo è un abbisso ed anche lo sguardo proprio è di rado puro abbastanza per penetrare nel fondo di quella oscurità. Forse l’orgoglio mio è più fino di tutti e si compiace nel vanto di quella mansuetudine, di quella calma, di quella longanimità, che in questo caso non sono più virtù ma satelliti dell’ambizione.

XXI.

Stato della economia domestica.

Il mio patrimonio rendeva dalli sei alli ottomila scudi ogni anno, ed era bastantemente assestato, ma i miei congiunti, ottimi ed amorosissimi, non erano tagliati per il regime economico e saggio di una famiglia. Nelli quattordici anni della età mia pupillare si dovevano pratticare risparmi onesti e mantenuta la casa con decoro sufficiente si dovevano pagare alcuni debiti antichi del patrimonio, e prepararmi un capitale bastante almeno a dotare la mia sorella la quale fra poco aveva da maritarsi. Il mio prozìo canonico Carlo si sarebbe regolato così, ma i miei zii stimavano che qualunque diminuzione nel lusso, e nel tuono domestico fosse un disdoro, e la mia ottima Madre non contradiceva a veruno, sicchè il buon vecchio dovè cedere sempre e fare a modo degli altri. Alcune circostanze auto-