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del conte monaldo leopardi 25

il significato e solamente per darmi tuono di uomo. Il conte Broglio, buon amico di casa, me ne riprese in privato con molto garbo, e quella riprensione che mi accese di rossore, mi allontanò per sempre dal pericolo di sentirla replicata. Tanto può nei giovani la correzione quando vien fatta opportunamente, e quando si sa dimostrargli che la hanno meritata.

Tornato alla casa paterna nel gennaio del 1793 ripresi il metodo primiero di vita, di studio, e di occupazioni, ma già i trastulli puerili non erano più di gusto mio, e già anelavo con ansietà a quel momento in cui avessi potuto disporre liberamente di me, e delle sostanze mie. Veramente avevo sedici anni e mezzo, e non più, e quell’età vuol essere ancora tollerante della disciplina, ma le circostanze, l’educazione o forse il fervore della natura avevano fatto correre le idee mie più che gli anni. Privo di Padre prima di terminare un lustro, e fin d’allora considerato e chiamato padrone solo di casa, il desiderio di esercitare questo dominio mi si era familiarizzato da molto tempo, e persuaso vantaggiosamente assai della mia capacità, e da nessuno illuminato in proposito, mi stimavo capacissimo di qualsivoglia gestione, e mi pareva che tale dovessero stimarmi tutti. Ricordo che appunto nel giorno 16 Agosto, in cui terminai l’anno quattordicesimo esaminai le Instituzioni di Giustiniano e il testamento di mio Padre per conoscere se già mi competeva l’amministrazione dei beni miei. Della legge non fui scontento, ma la disposizione Paterna uccise le speranze, perchè quell’uomo saggio aveva ordinato non doversi amministrare da me il patrimonio fino all’età di venticinque anni compiuti. Non devo però dipingermi peggiore di quel che fui lasciando credere che senza quel vincolo testamentario sarei corso a pigliare il regime