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20 autobiografia

nel 1822 il decreto di Dio ha troncato il corso dei giorni suoi immaturi, il fremito del dolore mi è scorso per tutte le membra, e il pianto mi ha bagnate le ciglia, ma il cuore aveva imparata la rassegnazione nella scuola delle avversità.

XVI.

Miei primi affetti.

Due anni appresso stando io sul finire l’anno sedicesimo, mia madre mi condusse in Pesaro a rivedere la sorella e i congiunti e per una ammalatia sopravvenutale si restò colà otto mesi all’incirca. Credo che prima di quell’epoca l’aspetto di qualche donna mi avesse ricercato alquanto il cuore, ma quelle impressioni passaggere non mi avevano nè turbato nè occupato lungamente. In Pesaro sentii per la prima volta i palpiti dell’amore e là pagai il primo tributo di ambascie e di lagrime a quel sentimento soavissimo, che l’onnipotenza creatrice infuse nella natura per delizia dell’uomo, e che le colpe dell’uomo convertono in sorgente inesausta di pianto, e di sventure. Non tacerò il nome della donna che amai perchè amori più semplici e più innocenti mai vennero nudriti, e niente in seguito ha ottenebrato il candore di quelle Fiamme. Sono già ventotto anni che non la vedo, e forse non dovrò più vederla; forse in tanto tempo non avrà più sentito o ricordato il mio nome, ma se sapesse che adesso scrivo di lei potrebbe sorridere senza rimorso alla memoria della nostra corrispondenza. La contessa Teresa Ondedei Zongo superstite ed erede unica della sua famiglia viveva sola in casa con la compagnia di una educatrice; ma raccomandata dal Padre defunto alla Marchesa Mosca mia Ava era con essa frequentemente, e singolarmente alla conversazione della sera. Eguali di con-