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del conte monaldo leopardi 17

docile, incauto, e intraprendente quanto il cardinale Consalvi si otterrà l’ordine di celebrarsi la Messa in volgare, la lingua latina sarà finalmente spacciata, e per trovare chi intenda il linguaggio della Chiesa e dei Padri non si dovrà più ricorrere a Roma, ma bensì ai Copti e agli Armeni. Molte altre cose potrei aggiungere per dimostrare la convenienza di lasciare la lingua latina nel suo uso e nel suo grado, e la disconvenienza di renderla in qualunque modo meno apprezzata e meno coltivata, ma devo lasciare che ne dicano più quelli che la intendono meglio di me, giacchè ho confessato di saperne poco, e per uno che ne sa poco ne ho detto abbastanza. Torniamo dunque alla nostra scuola.

XIV.

Studio della rettorica.

Toccando già l’anno quindicesimo dell’età, e trovandomi ancora nella grammatica, bisognò che il Maestro me ne cavasse in qualunque modo, ma dalle zanne del Porretti caddi in quelle del Decolonia che a me sembrarono più crudeli assai. Il Porretti con le sue regole mi insegnava quello che io non sapevo e annoiato e disperato di quello studio pure ne confessavo la utilità. Il Decolonia coi suoi precetti mi diceva cose che la fantasia e la lettura mi avevano insegnate prima di lui, e trovavo che il suo libro mi era tanto utile quanto quello di chi mi avesse avvertito che il fuoco riscalda, o che buttandosi dalla finestra si rompe la testa. Può essere che lo studio di quella rettorica in dettaglio, e di quella anatomia dell’eloquenza giovi ai Bambocci di dieci o duodeci anni e aiuti i progressi di quelle menti alle quali la natura ha parlato poco, ma per