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del conte monaldo leopardi 9

andava avanti finchè non si erano recitati libri intieri senza il più piccolo errore. Inoltre quantunque in tutto il corso del giorno fosse umano e piacevole assai con me, e con i miei Fratelli, nelle ore della scuola, ed erano circa sette ogni giorno, assumeva il tuono di una severità intollerabile, e per timore di mancare ai propri doveri, non ci accordava il più piccolo rilascio, e ci rendeva completamente odioso il suo ministero.

IX.

Mia avversione alla scuola.

Ricordo come nella età di quattordici anni dissi fra me che avendo figli non avrei permesso ad alcuno lo straziarli tanto barbaramente, e ricordo pure di aver pianto sopra me stesso per il danno involontario che mi arrecava un uomo degno altronde di tanta stima. Erano tali per me quelle angustie che sopraggiunta l’invasione dei Francesi, e nella età di soli venti anni correndo pericolo della libertà e della vita, in quelli orribili frangenti dicevo fra me «questo tuttavia è meno male che lo stare alla scuola». Annoiato indispettito e disperato, feci non so in qual tempo, proponimento formale di non studiare, e lo mantenni fedelmente sinchè vissi sotto la disciplina del Precettore. Con quel metodo, e con questa risoluzione può immaginarsi quali fossero i miei profitti.

X.

Desiderio di apprendere.

È singolare però che io nutrivo brama ardentissima di sapere, e che allettato pochissimo dai trattenimenti pueri-