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zichè viaggiatore. Insomma io sono contento così, e tutti gli uomini studiano per contentarsi.

L’affare dunque dell’annona finì per me gloriosamente, ma in ogni modo fu anch’esso un errore di gioventù, perchè se in luogo di sdegnarmi con Monsignore Testaferrata avessi cercato di persuaderlo calmatamente, quel buon signore mi avrebbe resa giustizia, ed io avrei risparmiati il viaggio, i pensieri, e la spesa di cento doppie battute senza gusto. Non so se per eguali errori, o per combinazioni inevitabili, ho dovuto aver briga successivamente con quasi tutti i superiori della Provincia, e quantunque ne sia uscito sempre con onore, quelle brighe non hanno lasciato di amareggiarmi. Ho esaminato un poco come può essere che io sentendo un vero rispetto per l’autorità legittima e avendo spiriti e desiderî tutt’altro che rivoltosi mi scaldi facilissimamente con quelli che comandano, e mi attacchi non di rado con essi, ed eccone la causa per quanto mi sembra. Io sono amantissimo della giustizia, e avendo un po’ di ingegno conosco assai bene quello che è giusto e quello che è ingiusto. I superiori affollati dagli affari, qualche volta dànno necessariamente degli ordini poco riflettuti, e qualche volta abituati a vedersi obbedire comandano per mestiere, e non si fanno carico di dimostrare la giustizia degli ordini loro. L’aspetto della ingiustizia mi sdegna, il vedermi trattato come una pecora mi irrita, e mi attacco, e mi batto non contro l’uomo o contro l’autorità, ma contro l’errore e l’abuso. Insomma però chi ha ragione? I superiori sono uomini, e come tali debbono essere difettosi, come devono essere difettose tutte le instituzioni umane poco più, poco meno. Pretendere la riforma del genere umano, e dell’ordine sociale è follia, e l’uomo saggio deve ricevere il mondo come lo ha constituito la providenza, godendone i beni e tollerandone i mali senza presumere di ridurlo ad una perfezione immaginaria.