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del conte monaldo leopardi 173

come io non abbia veduto un po’ di mondo non essendomi mancati i mezzi per viaggiare e forse riderà di questo umore mio casareccio, ma io nel vivere in casa mia ho trovato tutto il mio gusto, e mi è sembrato di avere acquistate condizioni bastanti del mondo studiandolo sui libri. Inoltre piuttosto che spendere nei viaggi mi sono procurato qualche permanente comodità che godo continuamente, e i miei figli godranno anch’essi di avere avuto un padre fabricatore an-

    ad uscire fuori del suo tetto, fu una gravissima causa che pendea tra lui e il conte Moroni innanzi al tribunale della Rota, e il doversi difendere da certe accuse mossegli contro per avere sposo del danaro pubblico, mentr’era Podestà, senza precedente regolare approvazione. Vinse la causa, e dalle accuse fu prosciolto, ma nel tempo della sua dimora in Roma ci si buscò delle febbri, e il suo amore per la metropoli dell’universo non crebbe davvero, Si riferisce a questo tempo un aneddoto che trovo nella lunga e amorevole corrispondenza epistolare ch’egli ebbe, nella sua assenza, specialmente con Paolina. Lo riporto, perchè si conosca sempre più l’umor gioviale di Monaldo anche in mezzo ad angustie amarissime. «Questa mattina, scriveva egli il 12 gennaro, son ritornato dal segretario di Stato. Ho trovato che fino da avanti ieri aveva dato ordine che io passassi subito, 6 così è stato dopo uscito mons. segretario del Buon Governo, il quale stava già dentro. ... Uscito esso, sono entrato io, quantunque l’anticamera fosse piena di gente. Mi ha accolto con somma cordialità. Volevo baciargli la mano; e non volendolo assolutamente mi ha detto: Sarebbe mandare il mondo al rovescio. — Io ho risposto: E che? Vostra Eminenza vorrebbe baciare la mano a me? — Ha soggiunto: Sicuro. — Ho replicato ridendo: E per qual titolo? — Ed egli non sapendo cosa dire ha soggiunto: Perchè avete più anni di me. — Allora abbiamo fatto i conti, e pare davvero che io ne abbia quattro più di lui. Poi mi sono scusato dello essere stato a Roma dieci giorni senza vederlo, incolpandone il freddo che mi aveva vietato lo scoprire le gambe. (Ricordi il cortese lettore che, come Monaldo volle probabilmente essere l’ultimo spadifero d’Italia, così non volle mai smettere l’uso de’ calzoni corti, credendo nobile e dignitoso questo costume.) Dicendomi egli perchè mi ero levati gli stivali, e soggiungendo io di aver voluto presentargli uno stivale solo e non tre, si è messo a ridere, e mi ha detto di andarci quando voglio, e con quanti stivali mi pare,»