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del conte monaldo leopardi 171

sposte e le ragioni mie non venissero travisate. Il computista rimase appagato intieramente, riconobbe che la mia amministrazione era stata attenta ed onorata in tutti i punti, e dichiarò che la sua relazione sarebbe stata favorevole a me intieramente. Il briccone fece tutto il contrario, e sull’appoggio appunto della relazione di lui spontanea, o suggerita, due giorni dopo ritornarono i conti con la sentenza della congregazione Maceratese, la quale mi condannava a pagare quasi ottomila scudi.

LXXVIII.

Mio viaggio a Roma.

Sdegnato di quella superchieria, e niente disposto a redimermi al prezzo della umiliazione risolvetti di domandare giustizia in Roma personalmente e partii alli 17 di Novembre. Colà senza direzione, senza appoggio, e senza esperienza, mi sentivo forte con l’innocenza mia e con la giustizia della causa. Mi presentai a dirittura al Cardinale Busca prefetto del buon governo il quale sentendo che io mi lagnavo di Monsignore Testaferrata, se ne maravigliò chiamandolo uomo giusto, e saggio, ma replicando io che con tutta la sua giustizia io me ne trovavo aggravato, mi rimandò al segretario allora Monsignore, oggi Cardinale Falsacappa. Questo degno prelato mi assicurò che avrei ottenuta giustizia anche, occorrendo, contro il segretario di Stato, e preso il ricorso mio lo spedì in Macerata a Monsignor Testaferrata perchè informasse. Mi si fece il dispetto di differire quaranta giorni l’informazione, la quale finalmente arrivò pedissequa alla sentenza, e contraria a me totalmente. Anderebbe troppo in lungo il ripetere i punti della mia condanna, bastando che la Congrega delzionew