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del conte monaldo leopardi 169

curò di darne il meno che poteva, ed altri assegnarono il raccolto minore del vero, altri accusarono un consumo maggiore del giusto, ed altri infine ricusarono apertamente di consegnare tutta la quantità annunziata. Io feci quanto potei acciochè il peso venisse ripartito egualmente, ma il turbine delle circostanze era troppo impetuoso perchè si potesse accudire a tutti i dettagli, e le leggi istesse erano vacillanti. Si venne dunque provedendo alla meglio, come si fa nel naufragio in cui chi si può salvare si salva, e mi contentai di tenere i conti assai chiari onde in momenti più riposati si potessero riassumere quelle indagini alle quali non si aveva potuto accudire nel tempo di quel gran disordine. Alcuni cittadini, per altro, credendo di avere contribuito all’annona più di alcuni altri, e temendo che questi andassero immuni di qualunque emenda, avanzarono ricorso al Governo della Provincia, contro di essi e probabilmente contro di me. Io avevo già dati tutti i miei conti al Comune, e sospettai di qualche nuovità, vedendo che i sindacatori tardavano di approvarli. Feci un po’ di strepito perchè si censurassero se lo meritavano, o si approvassero, se non dovevano condannarsi, e tutti i Deputati sindacatori pronunziarono unanimente la sentenza in piena lode della mia gestione. Per altro pochi momenti dopo sottoscritta quella sentenza arrivò un ordine del Governo della Provincia il quale comandava, che sospesa qualsivoglia operazione relativa all’annona si spedissero colà due Deputati, e con essi i conti annonarj per addottarsi in proposito le disposizioni opportune. Il Magistrato incaricò di questa missione il marchese Roberti e me stesso.

Era Governatore della Marca Monsignore Testaferrata, adesso Cardinale, il quale abbenchè saggio, e buono, aveva concepita una opinione svantaggiosa di questa Ammini-