Pagina:Autobiografia di Monaldo Leopardi.pdf/177


del conte monaldo leopardi 163

distribuivo ai poveri secondo il numero e le circostanze delle famiglie, e attivai molte industrie alle quali prima nessuno aveva pensato. Credo che non tutte le mie cure riuscissero inutili, ed ho la compiacenza di avere risparmiate al nostro comune molte migliara di scudi in quell’anno, ma la piena del disordine sormontava da tutte le parti, e non era possibile ripararlo. I proprietarj sapendo che verrebbero costretti a consegnare all’annona i loro raccolti per un prezzo minore infinitamente del prezzo commerciale, diedero assegne malsincere, e non si ebbe in assegna neppure una metà del prodotto territoriale. I coltivatori seguirono l’esempio dei proprietarj, e inoltre vendute sul principio della stagione per gli ordinarj bisogni le raccolte coloniche rispettive, lungi dal provedersi comprando i generi o prendendoli ad imprestito secondo il consueto, corsero a comprare il pane agli spacci comunali dove lo trovavano a buon mercato. I poveri ancorchè non avessero giornalmente tanto denaro per mantenere la famiglia di pane facevano mercimonio dei loro bollettoni prestandoli, o vendendoli, e le classi medie si provedevano anch’esse agli spacci publici servendosi dei bollettoni dei poveri. Le ricerche delle amministrazioni annonarie facevano nascondere i generi, e queste occultazioni, e quelle ricerche lo facevano salire a prezzi altissimi. La discrepanza somma intercedente fra il prezzo commerciale e quello al quale le Comuni vendevano il pane rendeva tanto utile la frode che ognuno la esercitava sfacciatamente. Allorchè assunsi la amministrazione il primo giorno di agosto del 1800 il pane del Comune si vendeva scudi 7,60 allo rubbio, e andò crescendosi a poco a poco fino alli scudi 18 ma il Comune pagò il grano dalli 24, sino alli 45 scudi ogni rubbio. Gli effetti lagrimevoli di questa discrepanza possono meglio immaginarsi che descriversi. Il grano era diventato un oggetto di speculazione universale perchè chiun-