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del suo propinquo ne risente umiliazione e dolore. I giovani perdonerebbero qualche preminenza ai maggiori di età ma il giudizio della gioventù viene preoccupato dalle relazioni invidiose dei coetanei agli invidiati, sicchè l’uomo alquanto eccellente nel paese proprio resta sul naso di tutti, e fra i concittadini trovano indulgenza e plauso maggiori la malvaggità e la stupidezza, che l’ingegno il merito e la virtù. Dopo morte si rende ai cittadini illustri e benemeriti quella giustizia che gli si è negata viventi, ma per verità è un poco tardi e la speranza di un epitaffio non è un eccitamento grande per rendere i cittadini virtuosi. Nulladimeno questa è la natura dell’uomo e bisogna contentarsene. Chi si sente maggiore degli altri fugga dalla Patria, o viva ritirato ed oscuro quanto può, sicuro che la sua eccellenza mai gli verrà perdonata.

Il marchese Mosca aveva esercitati alcuni carichi sotto il governo della Republica non già per attaccamento a quelle massime di libertà e di uguaglianza che anzi erano totalmente opposte al suo genio orgoglioso, e cristiano, ma perchè appunto non sapendo rassegnarsi a vivere confuso col volgo, aveva scelto di essere Magistrato nella Republica, giacchè non poteva essere signore nella Monarchia. Nel 1799 allorchè finirono tutte le Republiche di Italia abortite dalla rivoluzione, il liberalismo non aveva contaminati i gabinetti dei principi, nè sedotte le opinioni dei popoli. Si giudicava secondo i principj antichi che erano quelli dettati dalla natura e dalla ragione; il delitto si chiamava delitto, l’empietà empietà, la fellonia fellonia, e però si riteneva che quelli i quali avevano favorito e coadiuvato il governo usurpatore, e le sue operazioni sacrileghe, fossero rei di lesa maestà umana, e divina. Si incominciò a trattarli e giudicarli secondo questi principj, e se poteva continuarsi così la massa sociale non sarebbe ora tanto corrotta: