Pagina:Autobiografia di Monaldo Leopardi.pdf/163


del conte monaldo leopardi 149

terra con le allegrezze del cielo perchè la vita sua fu un esercizio continuo di virtù maschie, e tanto più commendabili quanto erano da lui meno ostentate. Nato con un naturale aspro e risentito e fattasi una legge di soggiogarlo in tutti gli incontri, scelse per suo modello il mansuetissimo santo Francesco di Sales e tanto seppe imitarlo, che di quella sua scabrosa natura non solo cancellò ogni traccia dai costumi, ma la cancellò ancora dal volto il quale era effigiato serenamente. E come in questo, così in ogni altra passione o affetto studiò sempre di violentarsi, sicchè venuta a morte la Madre sua che lo predileggeva fra quindici figli, volle assisterla nell’agonia e raccomandargli l’anima, e volle pure pontificare la Messa, e farne l’esequie presente il cadavere, quantunque questo sforzo gli costasse una ammalatia mortale. Assunto di buon ora il carattere sacerdotale si impegnò assiduamente in esercizii proprii del suo ministero, ascoltando le confessioni, ed assistendo gli infermi, e quantunque di queste opere non avesse altra obbligazione fuori di quanta ne hanno comunemente tutti i sacerdoti, teneva nella sua camera attaccata al muro, una campanella e faceva che una corda legatavi pendesse in tempo di notte sulla strada publica, acciocchè ognuno potesse chiamarlo liberamente. Ebbe sempre desiderio di una vita ritirata e regolare, e finalmente lo sodisfece nel 1786 vestendo l’abito di s. Filippo in questa congregazione della quale fu superiore più volte. Temendo i conflitti dell’agonia bramava di morire per un colpo apopletico, e in quell’ultima infermità confortandolo io a sperare dalla intercessione del suo gran protettore San Francesco di Sales il riacquisto della salute, mi rispose che avendolo sempre richiesto di una morte subitanea, e in luogo di questa toccandogli di succhiare a piccoli sorsi il calice della morte, non voleva domandargli altra grazia particolare, e si ri-