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per me, e mi ripromise ogni maggiore assistenza. Parlai pure con altri ufficiali ma non potei vedere il Froëilich. Si volle da me un foglio in cui dichiarai che rispondevo con la robba, e con la vita dell’innocenza del Cavaliere, e mi si disse di ritornare. Tornai il giorno, e la matina appresso, ma inutilmente. Tornatovi di nuovo dopo il pranzo, lessi nel volto di Cavallar un certo sgomento che egli si studiò di nascondermi, confortandomi a buone speranze, e approvando che io spedissi a Macerata per ottenere da quella Regenza un documento sul conto del mio cognato. Vi andò immediatamente mio fratello con li Cavalli di Posta. Nella matina seguente tornai a Varano inutilmente come sempre, e il giorno sulle ore 22 il cavalier Melchiorri inaspettatamente venne libero al campo. Mio fratello non era arrivato, e non comprendevo come fosse accaduta quella liberazione. Nel giorno precedente tenutosi un Consiglio a Varano, Cavallar, e il Commissario di guerra Mutoni, riconobbero l’innocenza del Cavaliere, li due Generali Skall, e Cnesevich volevano che li impiccasse senza altre indagini, e il Froëilich, sospeso il giudizio, spedì una staffetta al Magistrato di Recanati. Gli amplissimi documenti recati da questa produssero la liberazione di Melchiorri. Se io non mi trovavo al campo, e se non incontravo l’ottimo cuore di Cavallar l’imprudenza di Melchiorri costava la vita a lui e al muratore Tomasso Brandoni suo compagno nel disegno delle trincee, e nell’arresto. Cavallar era uomo onestissimo di ottimo cuore e non privo di talenti, ma inferiore al posto troppo sublime che gli avevano dato, equivalente a quello di vicerè da Pesaro a Perugia. Anche il commissario di guerra Mutoni era persona bravissima, e ad ambedue conservo riconoscenza indelebile.