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del conte monaldo leopardi 129

quali mezzi, con quali speranze? La città nostra è aperta da tutte le parti e non ha un palmo di mura. Serrare e munire un ambito di quattro miglia sarà l’opera di un momento, e sarà una spesa comportabile da un popolo estenuato? E se queste mura sorgessero per incantesimo con quali artiglierie potremmo guarnirle? E se anche ci trovassimo forniti inaspettatamente di mura, di cannoni, di armi e di provisioni di ogni sorta, con quali braccia respingeremo l’aggressione degli inimici? Cittadini non ci inganniamo, e non tradiamo noi stessi, e la brava truppa che potrebbe venire a difenderci. Il popolo è attaccato al Governo Pontificio, e si persuade che gli insurgenti vengano a ripristinarlo. Col nostro esempio, con le esortazioni, con l’autorità riusciremo a contenerlo, ma non dobbiamo comprometterci presumendo di farlo combattere contro il suo cuore. I briganti avanzano a nome del Papa, ed hanno le immagini di Maria Vergine e di sant’Antonio sui loro stendardi. Se armeremo il popolo contro di essi, rivolgerà le armi contro di noi, ci chiamerà eretici, e giacobini, e periremo vittime della nostra imprudenza. E se i soldati Francesi, invitati da noi a difendere questa città periranno, la Republica non si chiamerà tradita da noi, e non vorrà vendicarsi del sangue loro? Cittadini, la guerra deve farsi dai soldati, e gli abitanti devono esserne spettatori tranquilli. Se la Republica stima conveniente e provido il difendere questa Città, lo faccia e noi concorreremo ad approvigionare i soldati, e a mantenere la quiete nel popolo. Se per il momento le armate republicane non credono opportuno il resistere, molto meno potremo assumere noi stessi una resistenza vana, incauta e pericolosa. Speriamo che gli insurgenti non verranno sin qua; e se verranno, e se dovremo esserne