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del conte monaldo leopardi 123

ma non conveniva esporsi al pericolo di rimanere sventrato, e quel crudo aveva sempre la spada nuda in mano, e quando aveva da scrivere la teneva coi denti. Il timore giunse a tanto che alcuni degli arrestati preparandosi a morire si confessarono ad un sacerdote arrestato con noi. Si venne a dirci che pagando una somma a conto avremmo ottenuti sei giorni di tempo a pagare il resto, ma resistendo noi tuttora, e credendosi forse che l’esempio mio influisse nella fermezza degli altri si mandò un distaccamento di venti soldati a stare in casa mia e tenervi arrestate in una camera, mia Moglie e mia Madre. Vedendo però che neppur questo bastava venne loro insinuato destramente che procurassero di farmi tornare a casa al più presto, giacchè si parlava malamente di me per l’uffizio di Governatore e per la lettera trovatasi al Balletto, e non conveniva tenermi in più lungo pericolo di essere avvertito dal Comandante. Era tutto impostura ma quelle povere donne furono prese da tanto spavento che mi mandarono argenti ed altri oggetti bastanti al valore di mille scudi, scongiurandomi di pagare e uscire di là senza ritardo. Bisognò dunque risolversi. Avevo un po’ di denaro, e senza consegnare le cose suddette pagai 507 scudi, firmai per gli altri scudi 493 una cambiale pagabile fra sei giorni, e rimasi libero. Anche gli altri vennero liberati ai patti medesimi pagando chi più chi meno in tutti un po’ più di settemila scudi. Si intende in moneta fina curta. Un Cittadino nostro andò in Ancona, ed ottenne dal Generale la condonazione del resto e la restituzione delle cambiali. Io null’altro pagai, ma quel Cittadino non dimenticando sè stesso fece con quelle cambiali un certo pasticcio, e per lo mano si compensò della contribuzione pagata da lui. Il più di questo compenso andò a carico del convento di s. Agostino. Questa soverchieria mi vieta di ricordarlo come benemerito