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poteva rovinarmi. Un povero giovane di qui, di cognome Balletto, accusato da malevoli, di avere recata una lettera sospetta, non so dove o di chi, venne preso e archibugiato senz’altra formalità in questo giorno medesimo. Questo fatto sparse una costernazione generale.

LIV.

Vengo arrestato e poi rilasciato.

Sulle ore venti una pattuglia venne ad arrestarmi, senza palesarne il motivo. Non dirò come stasse il mio cuore, e quali fossero il pianto di mia moglie e l’agitazione della famiglia. Arrivato fra le Guardie al Palazzo Comunale mi confortai sentendo essere causa di quell’arresto il pagamento ritardato della Contribuzione, e trovando colà diversi altri arrestati per la ragione istessa. Si tenne duro quanto si potè, ma venne usato ogni mezzo per atterrirci e obbligarci a pagare, e mi parve che qualche cittadino, subornato probabilmente dal Comandante, si dasse moto per indurci a sollecitare il pagamento. Si dichiarò che ci terrebbero là senza letto e senza cibo, e si minacciò di chiuderci nelle carceri publiche, ma non ci arrendemmo per questo. Sostenevamo di non avere denaro, e pretendevamo che essendosi trovata la città nostra aperta, disarmata e pacifica non si potesse sottoporla ad una contribuzione di guerra. Probabilmente era così, e si sollecitava per non darci tempo di ricorrere alle autorità maggiori. Io volevo parlare col Comandante, ma ne venni distolto narrandomisi che in Ascoli quegli cui toccò la sorte mia di essere Governatore in un momento di insurgenza, volle presentarsi a questo Pontavice, il quale senza dargli luogo a discorsi gli cacciò la spada nel ventre e l’uccise. Non so se tanta atrocità fusse vera,