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del conte monaldo leopardi 121

che temuto assai dai Francesi. Vennero tutte abbassate, e molte spezzate, e vendute a prezzo vilissimo. Questa mala sorte toccò alle quattro campane della torre nostra comunale, le quali formavano il concerto più armonico della provincia. Nel giorno istesso il comandante Pontavice colpì la città nostra con una imposizione di guerra di molti cavalli e buoi e di quattordici mila scudi pagabili nel termine di 24 ore. Io venni tassato per mille scudi. Quella giornata però era stata così burrascosa, e si erano corsi tanti pericoli, che io trovandomi oramai sicuro della vita, non volli affligermi per questa nuova calamità, e rimisi al domani il pensarci. Ho sempre ritenuto che ad ogni giorno basta la sua malizia, e però cenai, e dormii tranquillamente.

Nel giorno seguente, 26 di giugno, quelli che dovevamo pagare parzialmente li scudi 14 mila prendemmo un po’ di concerto, e si concluse di pagare a piccole somme, stentatamente, e più tardi che si potesse. Il danaro mancava naturalmente, e poi ritenevamo che per debito si imprigiona ma non si ammazza. Io però avevo una spina nel cuore che mi inquietava. Gli insurgenti entrando in Macerata vi avevano eletto Governatore il sig. Giulio Conventati, uomo provetto, e riputato saggio generalmente. Nella sera in cui gli insurgenti vennero qui e mi fecero Governatore, millantando essi di avere in Macerata Artiglieria e Truppa regolata, scrissi a quel segnore per ottenere notizie e lumi, e siccome la lettera poteva cadere in mano dei briganti, la scrissi con qualche espressione analoga al momento. Conventati mi rispose che in Macerata le cose andavano in confusione come qua, e non ci fu altro fra noi, ma quella lettera mia restata colà poteva compromettermi, e mi teneva agitato. Inoltre come io avevo scritto a lui, egli poteva scrivere a me, e la lettera cadendo in mano dei Francesi,