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118 autobiografia


LIII.

Mi condannano a morte.

Il Comandante della colonna francese era un tal Pontavice, uomo fiero e spietato. Giunto appena nel palazzo del Comune scrisse un decreto di morte contro di me e contro Condulmari, e comandò che venissero smantellate e incendiate la casa mia, quella di Condulmari, e quella di Cagnaroni il quale era un signore di Tolentino che comandava altrove una mano di briganti. Un tale Lantelme Commissario francese che io conoscevo ed aveva ricevuto da me qualche piacere, mi scrisse un biglietto avvertendomi di quelli ordini, e raccomandandomi di stare nascosto finchè riuscisse agli amici di calmare la furia del Comandante. Quel biglietto scritto in francese, mi venne recato in campagna. Fortunatamente potei allucinare mia moglie sul contenuto, e tenere a me solo le angustie di quei momenti orribili. Vissi otto ore continue in quello stato di agonia. Non potevo allontanarmi perchè la gravidanza di mia moglie non le permettevano di seguirmi, e quell’asilo lungi un mezzo miglio dalla città era mal sicuro assai. La truppa alla quale si era dato ordine di cercarmi poteva scuoprirlo facilmente, e sopratutto era da temersi che i soldati diffusi a saccheggiare le case di campagna giungessero alla nostra. Noi li sentivamo già nei contorni, e se venivano chi avrebbe difesa la moglie mia? Essa per un dono della Providenza, non apprese quel pericolo; mio fratello ed io tenevamo le nostre sciabole nascoste sotto la paglia, ed eravamo in accordo, se i Francesi rispettassero mia moglie dargli quanto avevamo, ma al primo cenno di insulto combattere, uccidere e morire.

Il mio ottimo amico Antici secondato dal francese Lan-