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108 autobiografia

avvocato Grassan poteva molto col Generale, e di fatti interessato da me mi distolse dal presentarmi al Forte, e promise che il mio affare saria sbrigato fra due o tre giorni, pagando cinquanta scudi. Tentai più volte di parlare col Generale, ma non mi riuscì, ed un aiutante che stava in anticamera mi diede buone parole, ma volle che me ne andassi sollecitamente. Conobbi che quella clausura del generale era affettata, ma per non guastare di più i fatti miei mi rassegnai a dipendere dall’avvocato. Fra due giorni recatomi a trovarlo mi mostrò un foglio del generale con cui revocato il primo ordine, mi lasciava libertà di vedere le ragioni mie in giudizio. Sborsai li cinquanta scudi e stendendo la mano per prendere il foglio, colui li ritirò dicendo che li cinquanta scudi erano per il generale, e ci volevano tre doppie per lui. Non bastò il promettere; bisognò andare alla locanda a pigliarle, e, consegnate le tre doppie, ebbi il Rescritto. Quel Grassan era un Greco, e mi trattò da Greco.

Lasciai la causa in Ancona in mano di un Procuratore, e venni strapazzato lungamente non so se da lui, dal Tribunale, o da ambedue. Infine quando il prezzo del grano rialzò, e mi conveniva meglio non darlo, si spedì la causa, e due deputati del Comune di Ancona vennero a pigliare il grano e lo pagarono. Avvanzo ancora le spese della lite, e il compenso dei molti danni, ma non mi compliva promuovere un’altra istanza al rischio di incontrare una altra prigionia. A conti fatti quanto mi avrà costato quella speculazione commerciale? Io non lo so, ma senza meno si trattò di qualche migliaro.