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del conte monaldo leopardi 105

XLIV.

Speculazione mal riuscita.

In quest’anno 1798 mi venne la idea pazza di speculare come viene a tutti quelli che si trovano dissestati, i quali sentendosi incapaci di riequilibrarsi coi mezzi che possiedono, immaginano di poterlo fare con quelli che non hanno, e comunemente cadono in rovina maggiore. Bisogna correre con le gambe proprie, e chi non può farlo, correrà sempre meno con quelle degli altri. Oltre di ciò il commercio e le speculazioni fanno per quelli che vi sono educati nell’infanzia, e che hanno acquistate quelle direzioni, quella prattica, quel colpo d’occhio, quella frugalità e quella tolleranza che costituiscono un commerciante. Un signore che vuole diventare mercante tutto in un tratto è come un medico o un teologo il quale voglia essere al momento generale di armata. Guai a quel proprietario cui viene il prurito di speculare. Uno spazzino con due paoli di capitale nella sua cassetta potrà negoziando diventare millionario, ma un signore con centomila scudi in fondi, mettendosi a negoziare, se non lascerà presto il negozio, si ridurrà miserabile. Mi ha toccato di imparare anche questa verità a spese mie. Con un po’ di denaro della dote comprai duecento rubbia di grano, ed altre due o trecento rubbia le comprai in debito, pagando l’uno e l’altro circa dieci scudi ogni rubbio. Unito questo al mio ne avevo mille rubbj, e con mille rubbj di grano a mia disposizione credevo di fare gran cose. I castelli in aria si succedevano nella mente mia come le onde nel mare tempestoso. Il grano saria cresciuto di prezzo, e lo avrei venduto almeno quindici scudi. Questo prodotto,