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del conte monaldo leopardi 103

ario di una coorte; in moneta fina curta 600 scudi in una imposizione di trenta mila scudi ripartita fra le cinquanta famiglie più ricche del Dipartimento; altri 1100 scudi in un’altra imposizione levata con altre norme dai maggiori censiti; altri mille scudi nel giorno del saccheggio, ed altri in altre occasioni e con diversi pretesti. In natura, una carrozza, quattro cavalli, cento passi di legna, duecento metri di olio, e poi grano, fieno, paglia, letti, lenzuola, coperte, sacchi, scarpe, camicie, cappotti, fino gli stracci per gli ospedali, e i polli, e le uova, e tutto, chè tutto faceva a proposito per quei ladroni insigni. Fatto il conto moderatamente le imposizioni pagate da me nelli 17 mesi del governo republicano equivalettero a duodecimila scudi o piastre effettive di argento.

È inutile il parlare delle empietà di quel Governo, perchè ne parlano tutte le storie. In Recanati se ne commisero meno perchè il popolo nostro era buono e pio quanto i migliori, ma tuttavia soppresso il convento di s. Domenico quella chiesa venne ridotta a stalla, e quella di s. Vito a fienile. Il culto cristiano era quasi perseguitato, e non solamente non potevano farsi le processioni religiose nelle strade, ma il ssmo Sacramento dell’Eucaristia si portava dai sacerdoti agli infermi nascostamente. La requisizione generale degli abiti neri fu pure empietà piuttosto che ingordigia. I preti diedero il peggio che avevano, nascosero il resto, e vestirono di colore come potevano. Cogli stracci che produsse questa requisizione si vestirono le coorti della Republica.

La pazzia andava del pari con l’empietà. L’albero della libertà formava le delizie dei repubblicani, e si voleva che gli venisse prestato un culto quasi idolatrico. Nei paesi più riscaldati si eressero alberi sontuosi, e si fecero feste pazze nell’inalzarli. Qui se ne collocò uno di costruzione