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del conte monaldo leopardi 99


Mezza doppia.

Doppia. Vale Paoli trentadue.

Moneta da due Doppie.

Moneta da quattro Doppie.


Oltre tutte queste monete correvano ancora le cedole le quali godevano un credito tanto antico e costante che nei pagamenti venivano accettate liberamente come la moneta più favorita, e attesa la comodità del trasporto si preferivano ancora all’oro e all’argento. In Roma vivono di rendita in denaro non solo tutti gli impiegati e la Curia, ma anche i proprietari delle terre perchè le affittano in grande alli così detti mercanti di campagna, sicchè eccettuati costoro, tutti quelli che hanno una entrata la hanno in contante effettivo. Molti dunque credendo mal custodita in casa quella somma che forse doveva supplire al sostentamento di tutto l’anno, pensarono di depositarla nel monte di Pietà che rilasciava loro una cedola o fede di deposito mediante la quale potevano sempre ricuperare il denaro depositato. Se i proprietarii dovevano effettuare qualche pagamento vistoso cedevano quelle fedi, attergandole col proprio nome, e queste istesse fedi girate e rigirate correvano nello Stato come moneta e tutti le accettavano perchè bastava presentarle al monte per vederle cambiate in contante. Queste erano le cedole, e finchè durarono così furono di utile e di comodo allo Stato e al suo commercio. Il Monte sicuramente non teneva morta tutta quella massa di metallo ma la investiva e ne percepiva un frutto, ma avendo sempre o danari o capitali equivalenti al nominale complessivo di tutte le cedole emesse, i proprietarii di queste vivevano tranquilli e non si curavano di realizzarle appunto perchè sapevano che erano sempre padroni di farlo.

Così durarono le cose fino alla rivoluzione di Francia,