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si vive liberi, ma dissoluti. Sdegnato dunque sommamente di quel proclama lo spedii a Monsignor Arezzo governatore della Marca e gli acclusi le minute di un manifesto che intendevo di publicare in difesa del mio onore, e di una lettera che volevo scrivere al generale De Sollez reclamando contro quella sopraffazione. L’ottimo prelato il quale mi accordava molta amicizia, mi persuase di tacere, perchè gli scritti, che avevo immaginati nel bollore del risentimento, mi avrebbero compromesso senza profitto. Credo che autore di questo intrigo fosse quel Gambara, perchè dopo l’invasione francese tornato qua come Commissario della Republica per organizzare la nuova amministrazione del Municipio parlandoglisi di me, rispose che mi aveva scandagliato, ed io non ero amico di quel governo.

Finalmente i Francesi o stanchi di quelle pantomime o meglio assicurati dalle circostanze militari o politiche, risolverono di occupare lo Stato nostro lasciandosi cadere dal volto a poco a poco quella maschera goffa con cui procuravano di cuoprirlo. Nella notte precedente alli 8 di febraio del 1798, si conobbero alcune mosse dirette ad occupare Recanati, e Loreto, e presto scapparono per la via degli abruzzi Monsignor Celano governatore di Loreto, e qualche compagnia di soldati pontificii acquartierati nell’una, e nell’altra città. Effettivamente la matina degli 8 vennero qui due colonne di truppe Francesi provenienti da Macerata e da Ancona, e si conobbero determinate a sorprendere la poca guarnigione nostra poichè arrivarono di soppiatto, e battendo strade traverse. Visto fallito il colpo spedirono alla truppa papalina tre messi un dopo l’altro assicurandola essere qui essi di passaggio e in atteggiamento amichevole, e invitandola a ritornare. Il capitano Bonfigli che la comandava, trattenne i messi, e proseguì il suo camino. Nei giorni seguenti passarono alquanti corpi d’esercito comandati in