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e gli amici intervenuti alle nozze stavano tutti alla fenestra, aspettando l’esito della nostra visita. Vedendo il mio zio quasi correre a quella volta senza cappello in abito quasi domestico, e conoscendolo assai risoluto e vivo temerono di qualche scena, ma egli salito, con molto spirito dichiarò che la pace era fatta e ordinato che si smontassero i legni, condusse tutta la brigata in casa nostra. Io avevo in questo mentre conosciuto il desiderio della mia sposa, tantochè acconsentii di restare, e tutti i tumulti preceduti finirono in allegria e pace. Nello stesso giorno venne a visitarci il zio Luigi allora Filippino, il quale si era unito ai Fratelli nella opposizione, e da quel giorno, sono ventisei anni compiti, non si è mai detta in famiglia una parola sola in memoria dei disgusti precedenti. La riconciliazione fu vera piena e perfetta quale non poteva essere con altre anime che con quelle dei miei cari congiunti. Mia moglie è vissuta sempre con essi, amandoli ed essendone amata sinceramente, come appunto se fosse nata nella nostra Famiglia. Non deve credersi però che il cambiamento inaspettato di mia Madre e delli miei zii e la accoglienza fatta da essi alla mia sposa, provenissero da incostanza o da stupidità. Forse quella tanta opposizione era eccessiva, e l’ottimo loro cuore li spingeva grandemente alla pace, ma le cose erano spinte tanto oltre che non poterono ritrarsene senza molta virtù. Messi in un puntiglio già noto non solamente alla città ma all’intiera provincia, il rinunziarlo senza apparenza di corrispettività, e in quel momento in cui dovevano essere più esacerbati, fu atto generoso, e virtuoso sommamente, tanto più raro quanto che il loro amor proprio non si velava di alcun pretesto e appariva sconfitto completamente. Ne abbiano compenso e gloria in cielo, come ne hanno sempre avuto da me riconoscenza affettuosa.