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del conte monaldo leopardi 87

il quale volle darmi anche quell’attestato di amore, quantunque alla sua età decrepita riuscisse incomodissimo levarsi, e sortire a quell’ora. Le carrozze erano già attaccate ai cavalli, e si stava già sul partire, allorchè presa la sposa per mano gli dissi, andiamo a baciare la mano a mia Madre. Tutti restarono sorpresi, perchè ignoravano questo proponimento, ma veruno si oppose. Arrivato ben presto alla casa mia, che sta molto vicina, salii alle camere di mia Madre. Il cuore riprese il suo luogo e lasciò poco campo alla voce. La mia ottima Madre abbracciò la sposa, ci benedisse ambedue, e ci pregò istantissimamente di ritornare al più presto da Pesaro, eccitandomi a prometterle di farlo nel termine di otto giorni. Io non lo promisi, nè lo ricusai, e preso congedo da Lei passammo all’appartamento del zio Ettore. Egli ci venne incontro frettoloso e in aspetto alquanto agitato, sicchè conoscendo la vivacità del suo naturale tememmo, non so di che. Dove andate, mi disse, e risposi, veniamo ad usarvi un atto di rispetto e baciarvi la mano. Dove andate, soggiunse, partendo di qui?, e replicai che partivamo per Pesaro. Oibò, replicò egli, non sarà così; la vostra sposa appartiene ora alla nostra famiglia, e voi non ce la toglierete. Andiamo dal Decano il quale sarà di un sentimento eguale. Si scese con lui alle camere del zio Pietro, e questo carissimo uomo cominciò a piangere di tenerezza, ci fece mille carezze, e condannando le opposizioni precedute, disse lacrimando, il «diavolo mi aveva preso per i capelli, anzi per la perucca giacchè di capelli non ne ho più». Fratanto la sposa mi stringeva il braccio fortemente per indurmi a cedere e restare, ma io credendo che quel suo stringere indicasse il contrario, stavo forte sul partire. In questi contrasti il zio Ettore uscì di casa e se ne andò in casa Antici. La strada era piena di Popolo, e i congiunti