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4 la vera democrazia


come era attribuito agli spiriti infernali; spezziamo le barriere istmiche onde sono uniti i continenti, come se avessimo trovato il martello del Dio Thor, e con un pugno di materia apparentemente innocua potremmo rovesciare monumenti, che per secoli tormentarono invano il ferro dei barbari. Che cosa ci arresta, ormai, e chi sa dire dove si arrestino più le nostre superbe speranze? Anche a noi il tentatore sussurra, s’io non mi inganno, quell’eritis sicut deus, che precedette la prima catastrofe umana. Quanto ci rimanga lo so; basta aver letti soltanto i viaggi immaginosi di Giulio Verne. E come nella scienza, così e più ci rimane nella vita, in tutte le sue manifestazioni individuali, sociali, politiche; basterebbe paragonare le condizioni presenti d’Italia a quelle dei nostri aborigeni, o delle tribù dell’Africa centrale. Ma il movimento progressivo dell’umanità si è tanto accelerato, da metterci le vertigini di un treno direttissimo e nell’animo la stessa paura di un deragliamento. Quante altre civiltà non sono andate in frantumi, che adesso gli archeologi frugano nelle terre sterili e deserte! quante volte l’excelsior non è rotto dal rantolo della morte, per gli individui e pei popoli!

Il dottor Dulcamara è sempre là, sorridente e sereno, col suo specifico infallibile; vi sono di quelli che guariscono tutti i mali dell’uomo e di quelli che sanano tutte le piaghe sociali, buoni per tutti i tempi e per tutti i paesi. La loro presunzione s’agguaglia all’infinita ignoranza; adoperano parole cabalistiche, sonore, formole semplici; quando parlano, il volgo non li comprende, ma li applaude; quando si applicano i loro rimedi nessuno più li trova, sono scomparsi, lontani. Eppure oggi voglio provarmi a mettere uno di cotesti omuncoli dentro la boccetta di vetro, e ad esaminarlo bene, lui e il suo specifico. Il nostro Dulcamara non sa dire più d’una parola, l’ha sentita ripetere ogni giorno, questa parola vaga, indefinita, equivoca: democrazia. Dovrebbe dileguare tutta quella nostra ansia per l’avvenire, restituirci il paradiso terrestre dei sacerdoti, l’aurea prima aetas dei poeti, lo stato di natura dei filosofi; dettare ed applicare il nuovo Statuto della democrazia, in tre soli articoli: tutti liberi, tutti eguali, tutti felici. Affrontiamo la seduzione; percorriamo assieme i fioriti sentieri dell’utopia, tenendo l’occhio a quelli spinosi della realtà indaghiamo se accanto alla democrazia vera non ve ne sia una falsa. Voi mi insegnereste subito, o signore, a distinguere i diamanti dai moderni preparati di carbonio; anche la democrazia ha i suoi preparati di carbonio, ed io vorrei riuscire a darvi qualche consiglio per distinguerli, disprezzarli e gittarli via, come fareste d’un diamante falso.