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tornata del 14 marzo
Il Governo crede che nelle attuali circostanze sia suo dovere di prendere l’iniziativa delle grandi imprese, di informarsi al sentimento della nazione, di penetrarsi de’ suoi desiderii, de’ suoi voti, de’ suoi diritti, ed essere il primo a proclamarli al cospetto dell’Italia, al cospetto dell’Europa. (Applausi)
Questa è la politica che noi crediamo convenire all’Italia: noi riteniamo che a questa politica è in gran parte dovuto quanto si è già compiuto, e che a questa politica si dovrà quanto rimane a compiersi. (Bene!) Penso quindi, o signori, che il Governo ha fatto atto altamente savio e opportuno assumendo l’iniziativa in questa circostanza.
Ma vi ha di più. Vi era una considerazione speciale che induceva il Governo a prendere l’iniziativa: la proclamazione del regno d’Italia sarà accolta in tutta la penisola con grida di gioia e d’entusiasmo, e non troverà che pochi oppositori; giacchè io ho abbastanza fede nella nobiltà del cuore umano per ritenere che anche fra coloro che appartengono a quella minoranza che in Italia professa pensieri contrarii ve ne ha molti nel di cui cuore le fibre italiane risuoneranno involontariamente quando sarà fatta questa proclamazione! (Bravo! bravo!)
Ma, o signori, credete voi che questo grand’atto sarà accolto con tanto favore da tutto il resto dell’Europa? Non sapete voi che il fatto che state per compiere è uno dei più grandi che ricordi la storia di tutti i tempi? Credete voi che un popolo, che un gran popolo che sorge quasi istantaneo, che sorge quando pochi anni prima si metteva in dubbio la sua esistenza; ma che dico in dubbio? quando la si negava recisamente dai veterani della diplomazia europea, credete voi che sia un fatto che tutto il mondo accolga con favore ed applausi? Se aveste dubbio, o signori, sulle mie osservazioni, le discussioni che hanno avuto luogo nelle assemblee più illustri di Europa dovrebbero toglierlo. Laonde, o signori, importa assai che questo voto si compia con tutta la solennità, con tutta la maturità possibile.
E per raggiungere questo scopo io ritengo che non era inopportuno che la iniziativa ne fosse presa dal potere, che questo voto non potesse dirsi essere il prodotto di un entusiasmo momentaneo, essere in certo modo il risultato di uno sfogo delle passioni popolari; ma essere bensì un atto maturo, proposto da chi è in certo modo il custode dei grandi principii governativi, emanato ed applaudito in prima da quel Corpo che rappresenta più specialmente i principii conservatori; e poscia proclamato e consacrato definitivamente dall’Assemblea popolare che rappresenta fedelmente il concetto dell’entusiasmo popolare, dello slancio patriottico. Quindi, ripeto, io sono fermamente convinto essere stata cosa utile ed opportuna che l’iniziativa di questa legge venisse da chi ha l’onore di rappresentare la Corona davanti a voi.
Nessuno tra voi, o signori, potrà credere che la Corona od il Governo fossero spinti da puerile vanità a prendere questa iniziativa. La condotta tenuta dalla Corona e dal Governo in tutti gli ultimi avvenimenti, li pongono, ne son certo, al riparo da questa imputazione.
Io quindi, o signori, non dubito di affermare che, sia rispetto alla considerazione della politica interna, sia rispetto alla considerazione della politica estera, fu savio consiglio il
Dimostrata l’inopportunità di modificare la forma della legge, a motivo dell’iniziativa assunta dal potere esecutivo, io non esaminerò la nuova formola proposta dall’onorevole Brofferio. Io ripeto alla Camera quanto ebbi l’onore di esporre alla Commissione, cioè che le quistioni da lui sollevate sono tutte riservate; che fra pochi giorni voi avrete l’opportunità di discuterle in tutta la loro pienezza e, dirò di più, avrete l’opportunità di discuterle con maggiore libertà; e con ciò io credo fare la parte agevole al signor Brofferio, giacchè egli avrà il campo più libero, più sciolto, poichè potrà sostenere la sua proposta, senzachè, la sua accettazione venga combattuta da coloro che sarebbero disposti a sacrificare una redazione da loro riputata migliore al pericolo di non riunire l’unanimità in questa circostanza. E stimo con ciò di far prova di essere avversario leale, per non dir generoso.
Egli è evidente che, se ora il Ministero si opponesse ricisamente a tutte le proposte dell’onorevole Brofferio, forse sull’animo di molti deputati potrebbe assai il pericolo di dividere le opinioni, quindi la Camera non sarebbe così pienamente libera, come lo diverrà quando la grave questione della promulgazione del regno d’Italia sarà sciolta definitivamente.
Io quindi mi rivolgo con fiducia all’onorevole oratore, e non solo in nome della concordia universale, non solo per le considerazioni poste innanzi dall’onorevole membro della Commissione, che parlava testè, ma nell’interesse stesso della discussione gravissima da lui sollevata lo prego di volerla rimandare al giorno in cui la legge sull’intestazione degli atti venga presentata al Parlamento.
E non tema che questo si protragga a tempo indefinito e lontano, giacchè a nome del mio onorevole collega guardasigilli posso assicurare la Camera che nei primi giorni della ventura settimana questa legge le sarà sottoposta.
Io quindi mi associo alla proposta, o, dirò meglio, alla preghiera che il signor marchese Pepoli rivolse al signor Brofferio perchè acconsenta che un voto di entusiasmo chiuda questa discussione, che sia la più eloquente delle risposte alle accuse ed alle insidie dei nostri nemici al di là dall’Alpi. (Applausi generali)
brofferio. Signori, sono avvezzo da antico a replicare alle faconde orazioni del signor Di Cavour, nè mi sarebbe difficile anche quest’oggi di ribattere una parte delle cose da lui dette sulle iniziative del Governo. Ma una ardente lotta in questo giorno potrebbe giudicarsi inopportuna ed improvvida (Bravo! Bene!); quindi in omaggio alla patria concordia mi interdico spontaneamente qualunque risposta. (Vivi applausi) Dichiaro inoltre che per assentimento della maggioranza di questa parte della Camera io ritiro la mia proposta, con riserva di sostenere il principio della sovranità nazionale quando il signor ministro ci porterà la legge da lui promessa. (Nuovi applausi)
Molte voci. Ai voti! ai voti!
presidente. Darò lettura dell’articolo unico del progetto di legge.
bixio. Domando la parola.
Molte voci. Ai voti! ai voti!
ranieri. Proporrei che si votasse per acclamazione.
Voci. Ai voti! ai voti!
presidente. Non si può votare per acclamazione. Metto ai voti l’articolo unico della legge:
«Il Re Vittorio Emanuele II assume per sè e suoi successori il titolo di Re d’Italia.»
(I deputati si alzano per votare.)