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142 | g. tomassetti |
Incomincio col far rilevare alcune di quelle eccezioni d’indole locale, che ho sopra accennato, e delle quali dovrebbe tenersi conto, perchè superiori a quelle d’indole meramente religiosa. Debbono pertanto escludersi dallo studio le chiese suburbane cimiteriali, perchè dovute al sepolcro od al luogo del martirio di un cristiano. Niuno certamente potrebbe spiegare la relazione della celebre Domitilla con le memorie pagane della via Ardeatina, ne quella di Valentino con le superstizioni della via Flaminia, né quella del pontefice Alessandro I sulla via Nomentana ed altre. Cosi non debbono cadere sotto questa analisi le chiese erette dai monaci nei fondi devoluti ad essi per donazione, perchè d’ordinario furono dedicate in onore o del fondatore, come per esempio s. Basilio sulla via Nomentana, o furono intitolate dalla stessa chiesa urbana del monastero, come s. Croce in Gerusalemme nel territorio tuscolano e quella di s. Paolo nel territorio Collinense, s. Maria Nuova sull’Appia e tante altre. Ridotta cosi la trattazione nei limiti logici del programma, registrerò alcune di quelle chiese che formano un vero esempio storico relativo.
Ricordo il culto di s. Marina in Ardea e in s. Marinella sull’Aurelia come s. Marina di Salerno. La ingegnosa sostituzione di questa verginella, che visse vestita con abiti virili, alla Giunone Argiva, ideata forse dai monaci benedettini e aiutata dal nome marittimo di essa, è degna di studio, come lo sono i suoi atti, che si conservano in un codice (B, B, VIII) del monastero di Grottaferrata.
Inoltre noterò la sostituzione di s. Silvestro, più per la qualità del suo nome, che per le sue memorie biografiche, ad Apollo ovvero a Diana protettori delle selve sulle cime dei monti selvosi, come sull’alto del monte Soratte, sull’alto del monte Artemisio, sul monte Vulturella, sull’alto del monte Compatri ed altrove; come s. Silvestro in Sabina e in Abruzzo.
Noterò la dedicazione delle cime, fulgurate, a s. Michele Arcangelo, e posso provare che questo culto fu bizantino, accettato con entusiasmo dai Longobardi, i duchi dei quali giuravano per s. Michele nella formola della loro investitura; che il s. Michele di Sutri fu monumento longobardo della apparizione del monte Gargano; che la prima chiesa in Roma fu sul palazzetto Vaticano di Nerone, al quale e non al Castel s. Angelo spettano le memorie più antiche: e che 30 Comuni d’Italia portano il nome di s. Michele, e che le cuspidi delle torri e dei campanili erano dedicate a questo santo.
Noterò la surrogazione di s. Giorgio come santo purificatore da mostri, al culto pagano dei serpenti; nella campagna latina sovrapposto alle Serpentare di Giunone Lanuvina detta pure curtis Draconis, e nella tenuta di Maccarese stabilito nella villa s. Georgii importazione dei Normanni.
Ometto per brevità le analogie monastiche che si offrivano come omogenee alla mente del popolo. Talvolta il culto di s. Leone sostituiva il semi-feticismo cosmogonico di Mitra leontocefalo; il culto di s. Ippolito si collocava assai bene nell’isola sacra al posto dell’ aedes Castorum, etc. I termini poi dei territorii pubblici o comunali venivano trasformati in edicole consacrate per lo più alla Vergine col divino Infante, come la imagine più sacra dell’intiero ciclo agiografico cristiano. Io tengo che le edicole compitali, che avevano un significato di termine sacro, sieno state tutte trasformate in cappelle dedicate alla Vergine, come guarentigia di inviolabilità, poiché la dedicazione a santi di culto locale sarebbe stata esposta a minore riguardo. Queste sono le numerose cone, cosi vengono tuttora chiamate dal volgo rustico, con parola greca che ricorda l’appellazione primitiva.