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134 | mons. pietro crostarosa |
Contemporaneamente si eseguivano lavori murari nel cimitero di Domitilla, assicurando con sostruzioni gallerie e cubiculi. — Di gran lunga più importanti furono gli scavi iniziati a quel tempo nell’ipogeo dei ss. Pietro e Marcellino. Questi scavi si ricollegano ad una scoperta compiuta dal compianto comm. Stevenson, il quale, perlustrando accuratamente la necropoli sotterranea ed 1 luoghi corrispondenti sopra terra, trovò nel 1887 un rustico casolare costruito sopra i ruderi di una basilichetta cimiteriale con abside assai bene conservata.
Certo che ivi dovessero esistere insigni santuari tuttora inesplorati, lo Stevenson proseguì le ricerche e assicuratosi sempre più della importanza del luogo, penetrando in mezzo a spaventose rovine scoprì gli ultimi gradini di una grandissima scala che scendeva in una stanza piena di macerie, sovrastante a numerosi sepolcri. La costruzione singolare di questa scala, un passo della vita di Adriano I del libro Pontificale, altre testimonianze ed osservazioni indussero il valoroso archeologo nella persuasione che la basilica da lui scoperta era quella di Tiburzi, Pietro e Marcellino e che la scala assai facilmente era stata costruita da Adriano I per condurre direttamente alla scripta storica degli ultimi due santi, la quale doveva essere quella stessa al cui limitare egli era penetrato. Successive scoperte confermarono le induzioni dello Stevenson.
Il 27 gennaio del 1896, si poterono riprendere gli scavi. — Una relazione assai minuta di questi lavori fu pubblicata dal comm. Stevenson nel Nuovo Bullettino di Archeologia cristiana; e qui basterà notare che scavata e ricostruita per m. 25 una galleria interamente franata del primo piano, si potè penetrare, per un altro passaggio, in una stanza contigua alla cripta, dove erano graffiti di molti visitatori e pellegrini, e un frammento di epigrafe in caratteri damasiani, scritta con righe disposte in circolo, che, insieme con un altro frammento rinvenuto nella seguente stagione di scavi, doveva far parte di una decorazione a foggia d’arco, attorno al quale girava l’epigrafe damasiana che ornava le tombe dei martiri Pietro e Marcellino.
Inoltre fu scoperta anche un’altra cripta venerabile ed insigne, con arcosolio nel fondo decorato di mosaici, e sopra terra si rinvenne una notevole porzione del cimitero sopra terra che si è potuta conservare quasi tutta, coprendola, con grave dispendio, di una volta. Nel tempo stesso venivano nella massima parte esplorati i dintorni della cripta storica. — Ricominciati i lavori nel novembre 1896, si principiò col sottofondare l’edificio sopra terra, quindi si intraprese lo sterro della storica cripta, della quale qualche settimana innanzi erasi rinvenuto un altro vestibolo, presso un ambulacro, le cui pareti, fra i numerosissimi graffiti ne hanno uno inneggiante ai ss. Pietro e Marcellino, i santi a cui con tutta certezza doveva ormai riferirsi il prossimo santuario. Sterrata la cripta si è veduto che essa costituiva un’ampia basilica sotterranea, coll’abside collocata nel senso contrario a quella della basilica superiore. La disposizione della costruzione costituisce un esempio assolutamente nuovo della consuetudine di rispettare le ossa dei martiri, creando intorno alle loro tombe lo spazio per i fedeli. E si vide anche che i due santi Pietro e Marcellino, a cui senza nessun dubbio appartengono i due sepolcri rinvenuti, furono deposti in semplici loculi di un ambulacro, come accadde dei martiri Felicissimo e Agapito nel cimitero di Pretestato. Quanto all’attuale forma del luogo sembra che non sia altro che la riduzione di una escavazione anteriore, quando dinanzi agli avelli dei santi eponimi fu creato un ampio vestibolo. Di questo stato più antico esistono fortunatamente le tracce sotto il suolo rialzato, sì che se n’è potuta in gran parte ricostruire la pianta. In fondo alla cripta si apre una grandiosa scala, che è quella stessa che lo Stevenson attribuì ad Adriano I; le pareti del sotterraneo sono coperte di numerosissimi graffiti greci e latini, in uno dei quali è invocata non solo l’intercessione dei santi martiri eponimi, ma altresì quella di s. Elena, il cui mausoleo torreggiava a breve distanza e costituiva assieme alle tombe dei martiri un solo gruppo di santuari negli antichi itinerari delle catacombe romane.