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118 | giuseppe sordini |
Gli Atti di S. Brizio sono espliciti: essi parlano di una cripta, nella quale vissero nascosti, per un certo tempo, molti Cristiani, e di una SPELUNCA nella quale, parimente, undici di essi sarebbero stati sepolti. E, chiunque vede che, in tal modo, si indica un vero e proprio cimitero sotterraneo dei primitivi tempi della Chiesa, identico ai tanto celebri di Roma e di altre parti d’Italia. Ora, io non saprei, veramente, perchè si dovrebbe, a priori, togliere fede alla singolare narrazione degli Atti di S. Brizio, su questo particolare, che nulla aggiunge al carattere della leggenda, mentre abbiamo veduto che essa è esatta in altri particolari topografici; e mentre, il che parmi assai notevole, è esplicitamente in opposizione con l'ordinario metodo di seppellimento degli altri santi umbri, deposti nelle aree, metodo, con tutta chiarezza, dai singoli Atti risultante.
Citerò, per brevità, un solo esempio, quello del Santo Vescovo Sabino, sepolto in un’arca tuttora notissima, da una matrona per nome Serena, negli Atti del quale1, Atti che, a ragione, da tutti sono ritenuti sinceri, è detto semplicemente: et seppellivit cum miliaro a civitate spoletana plus minus secundo. Ora, un falsificatore umbro degli Atti di S. Brizio, e non poteva non essere umbro, poiché solo suo scopo sarebbe stato di rendere più vetuste le origini del Cristianesimo in quella regione, avrebbe, in tempi semibarbari, prese a modello la passio e la depositio di qualche altro santo dell’Umbria, senza dar rilievo a particolari inutili e che erano anzi, in stridente opposizione con quanto, anche allora, si sapeva e si vedeva: poiché, fino ai nostri giorni, delle aree cimiteriali spoletine, è rimasta chiara, popolare notizia. Se, dunque, essi Atti accennano a cimiteri sotterranei, in conformità del più antico e diffuso costume della Chiesa, noi non dovremo per questo giudicarli falsi, ma ritenerli, invece, quale eco sincera di una vetusta tradizione, tanto più oggi che il fatto ci dimostra avere avuti anche l’Umbria i suoi cimiteri cristiani sotterranei. E non sfugga una osservazione, emergente dagli stessi Atti di S. Brizio, ed è questa: che pur ricordando essi, in varii luoghi e in varie circostanze, cripte e spelonche, quando ci parlano del luogo nel quale S. Brizio ebbe la sua ultima dimora, nulla ci dicono di spelonche o di cripte, e, come abbiamo veduto, nulla ne apparisce dai fatti o dalla tradizione.
È da sapere poi, che tutto il poggio Luciano o, come oggi volgarmente dicesi, Ciciano, sul fianco del quale sorge la chiesa di S. Ponziano, fino da tempi molto antichi, ebbe quasi carattere sacro. Basti ricordare che a meno di duecento metri da S. Pon-
- ↑ Sono contenuti nei fogli 19, 20, 21, vol. II dei Lezionari citati.
L’area cimiteriale, in che fu sepolto il Santo Vescovo e Martire Sabino, giace a poca distanza da Spoleto, lungo il ramo settentrionale della Flaminia antica, che andava a Foligno. Anche oggi, quell’area è indicata da una grande, bella, vetustissima chiesa, a tre navi, con absidi, presbiterio elevato e sotterraneo, anch’esso absidato e ornato di colonne. In origine era costruita tutta di frammenti monumentali romani, avanzi dei sepolcri già esistenti lungo la Flaminia: ora, presenta notevoli e caratteristiche traccie delle trasformazioni alle quali andò soggetta per le sociali vicende, nonché per l'incuria e per la rapacità delle mani stesse che dovevano conservarla.
Benché quasi sconosciuto, è pure uno dei santuari più importanti dell'Umbria. S. Gregorio Magno ad esso certamente si riferiva, quando scriveva a Crisanto, Vescovo di Spoleto, ordinandogli di mandare una reliquia di S. Sabino a Valeriane di Fermo. Paolo Diacono narra che Ariulfo, Duca di Spoleto, tornando vittorioso da Camerino, nel 601, entrò nella chiesa di San Sabino, dove riconobbe, in un’immagine di questo Santo, il personaggio misterioso che, durante la battaglia, più volte gli aveva fatto riparo dello scudo. Nel 688, fin dalla Spagna, peregrinava a S. Sabino di Spoleto, un personaggio infermo. E sulla tomba del Martire Sabino, finalmente, nell'ottavo secolo, pregò lungamente e ne trasse auspici di migliori destini quel Pietro, di sangue regio, che esiliato prima a Spoleto, divenne poi, sotto Liutprando, Vescovo di Pavia (vedi A. Sansi, I Duchi di Spoleto, Foligno, Sgariglia, 1870, pag. 27-29).
Anche ai giorni nostri, scavando attorno alla chiesa, come di reoente si tentò di fare abusivamente, appariscono subito, a poca profondità, grandi e rozzi sarcofagi di pietra.