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di un cimitero sotterraneo dell'umbria | 113 |
male interpretata e trasformata, si sbizzarrì la mente di antichi e moderni scrittori, dando sfogo alle più strane fantasie di città, di Vescovi e di Vescovati1. Narrano semplicemente, invece, gli Atti, che, S. Brizio2, dopo evangelizzata l’Umbria, fu condotto «in superiora via in vertice Collis», da un Angelo, il quale lo avverti che, quivi, avrebbe abitato fino al giorno del Giudizio universale. S. Brizio allora, continuano gli Atti nel consueto, barbarico latino, cominciò ad annunciare la divina parola «omnibus regionibus submontana martulana»3, e, nel luogo indicatogli, fabbricò un oratorio, vi morì, e vi fu sepolto4. Ora, chi è mai che, nella spropositata frase degli Atti, non vorrà ammettere che siano puramente e semplicemente ricordate le regioni sotto i Monti Martani? La quale interpetrazione diventa tanto più ovvia, quando si sappia che il sepolcro di S. Brizio si è sempre venerato, a memoria d’uomini, sopra un poggetto, a sette chilometri da Spoleto, dove anche oggi si conserva la rozza cassa anepigrafe di pietra che ne racchiude o racchiuse le ossa; che, in antico, sopra di questo sepolcro, si edificò una nobile chiesa, a tre navi, con sotterraneo e presbiterio rilevato, ancora esistente5; che un castello con salde mura e torri venne costruito, attorno alla chiesa, a scopo di difesa; che a tale castello, infine, fu dato, e lo serba tuttavia, il nome di S. Brizio. E ancora più importante è questo, che il sepolcro, la chiesa e il castello di S. Brizio sorgono a poca distanza da una catena di monti, nota col nome di Monti Martani. E dirò, da ultimo, che presso S. Brizio, e nella chiesa stessa, veggonsi numerosi resti di antichissime sculture cristiane, da me per primo osservati6, e che presto spero di illustrare compiutamente.
Antichi e moderni scrittori, invece, senza tener conto alcuno di tutti questi fatti, parecchi dei quali perfino ignorarono, colpiti forse dalla dizione «in civitate Martu-
- ↑ V. Iacobilli, Vite dei Santi e Beati dell'Umbria; G. M. Stella, Vite dei Santi della città Martana e Beati della terra di Massa nell'Umbria, Roma, Barbiellini, 1771. Innumerevoli poi, sono gli scrittori che, in opere di indole generale, hanno raffazzonate, a modo loro, le vite dei santi primitivi dell'Umbria.
- ↑ Questi Atti di S. Brizio, nei Lezionari spoletini, sono ripetuti due volte: una nel vol. I, fogl. lO0-102; e l'altra nel vol. III, fogl. 181-183. E ciò è ben naturale, poiché, come ho detto di sopra, il primo volume ha una provenienza e gli ultimi due un'altra. Però, le due redazioni sono identiche, e presentano solo delle varianti ortografiche.
- ↑ Dichiaro, una volta per sempre, di attenermi al testo dei Lezionari spoletini, conservandone la forma, anche quando essa è supinamente errata, come in questa e nella precedente citazione.
- ↑ Che S. Brizio vi morisse e vi fosse sepolto, non è detto esplicitamente dagli Atti dei quali mi occupo. Ma, tali particolari sono impliciti nella predizione dell'Angelo; e, per quanto riguarda la sepoltura, c’è il fatto stesso che lo dice. Nella seconda parte, invece, pubblicata dai Bollandisti, e che a me pare un tardissimo nuovo raffazzonamento, i particolari della morte e della sepoltura sono minutamente raccontati.
- ↑ La chiesa di S. Brizio è, oggi, semplicemente parrocchiale; ma, dicesi che fosse, in antico, Abbaziale benedettina. Da secoli, però, è di giuspatronato del Capitolo del Duomo di Spoleto, il qual Capitolo gode il diritto di nomina del Parroco. In un volume di Appunti per i Decreti della sacra Visita, conservato nella Cancelleria Arcivescovile di Spoleto, fatto redigere nel 1572, dal Visitatore apostolico Pietro de Lunel, Vescovo di Gaeta, a c. 90, è scritto: «Ostendatur unio facta de hai ecclesia (S. Brizio) Capitulo Cathedralis et si fuerit legitima provideatur de vicario perpetuo... et si invalida reacindatur». È questo il più antico documento, che io conosca, riguardante la chiesa di S. Brizio; certo, molta luce si potrebbe avere dall'Archivio capitolare del Duomo di Spoleto, alle porte del quale Archivio, però, io da anni son venuto picchiando invano.
- ↑ Vedi l'accenno da me datone in Notizie, 1900, pag. 139.
li fece depositare nell'Archivio capitolare del Duomo di quella città, affinché fossero ben conservati. Invece, tempo dopo, vennero rubati e non si poterono ricuperare che verso la fine del XVII secolo. La curiosa storia di questi volumi, preziosissimi e per la sostanza e per la origine loro, venne da me ricostituita e narrata, su documenti inediti, in una comunicazione alla Regia Deputazione umbra di storia patria, e, tra non molto, vedrà la luce in quel Bollettino.