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112 giuseppe sordini


redazione, a noi pervenuta, degli Atti di S. Brizio, si facesse ricordo di una città distrutta da secoli.

Né si creda, come potrebbe sembrare, cbe, seguendo tale ramo della Flaminia, i primi Cristiani si allontanassero da Spoleto, lasciandosi questa città sulla diritta, al di là dei monti; poiché, invece, anche per la via Narni-Carsoli-Bevagna, lo sbocco a Spoleto era facile e breve. Esiste tuttavia, cosa comunemente ignorata fino ad ora, una strada detta pur sempre Via romana, seminata di monumenti pagani e cristiani, antichi e insigni 1, la quale, per le gole di Macerino, congiunse certamente, dall’origine, la primitiva Flaminia con Spoleto; strada che dovette essere mantenuta e frequentata anche quando, durante l’Impero, l’altro ramo prese maggiore sviluppo, anzi ebbe una assoluta preponderanza. E tanto è ciò vero, che nel Medioevo, e in tutto quasi il primo secolo dell’Evo moderno, fino a quando, cioè, Gregorio XIII, con grandi lavori2 migliorò il tratto Terni-Spoleto-Foligno, ecc. per Loreto, chi, da Roma, a Spoleto voleva recarsi, batteva indifferentemente l’una o l’altra delle due vie3. E questa Via romana benché oggi, in parte, ridotta ad un semplice sentiero, nella loro annua peregrinazione, percorrono ancora gli armenti che si recano, dalla Maremma, alle verdi montagne dell’Umbria e viceversa.

Stabilito cosi questo importante quanto ignorato fatto topografico, resistenza cioè di una diretta, ordinaria comunicazione della Flaminia più antica con Spoleto, nessuna meraviglia potrà destare il Cimitero di Villa S. Faustino, anche se esso, all’esame che se ne dovrà fare, si rivelasse assai antico; né darebbe materia a contradizione alcuna con quanto affermano i rammentati Atti di S. Brizio; anzi, questi ne riceverebbero inaspettata conferma. E nemmeno sarà difiicile, dopo di ciò, indicare, con ogni probabilità, l’abitato al quale debba riferirsi il Cimitero sotterraneo di Villa S. Faustino, non potendosi pensare a Carsoli lontana da esso circa sei miglia romane, e nemmeno a Spoleto, molto più lontana e posta in altra vallata.

Negli Atti di S. Brizio conservatici dai Lezionari4 del Duomo di Spoleto, e nella prima parte di quelli pubblicati dai Bollandisti, c’è un’espressione, attorno alla quale,

  1. Accennerò solamente al celebre aarcofago, della seconda metà del IV secolo, contenente la lunga iscrizione metrica: Pontia sidereis, ecc. Nel (C. I. L., questa iscrizione è inserita tra quelle di Carsulae, vol. XI, n. 4631; ma è un errore, appartenendo essa, invece, all’agro spoletino, come giustamente asserì il ch. Marchese G. Eroli nella Miscellanea storica narnese, voi. I, pag. 375 e segg. Il che risulta evidente a chi ben conosca la topografia di quella parte dell'antico territorio di Spoleto, modernamente aggregata ad altri Comuni. Vedi anche, Notizie 1900, pag. 140-41, dove descrissi alcuni altri dei numerosi resti di antichità seminati ancora lungo la ignorata via, Spoleto-Macerino-Carsoli.
  2. A questi lavori accenna anche il Montaigne nei Viaggi; e, lungo la strada, ne sono ancora documenti vivi, iscrizioni e stemmi con le date 1578-79, ecc. Vedi Sansi A., Storia dei Comune di Spoleto, Foligno, Sgariglia, 1884, Parte II° pag. 249 e 257.
  3. Basterà l’esempio di un solo famosissimo personaggio. Lucrezia Borgia, quando nell’Agosto 1499, la prima volta andò a Spoleto, mandatavi Governatrice dal Papa Alessandro VI, fu ricevuta dai Commissari di quel Comune e servita di un lauto banchetto, nel castello di Porcaria, oggi Porteria, d’onde per la strada di Macerino, giunse a Spoleto, entrandovi dalla Porta S. Matteo. Nei Gennaio 1502, invece, allorché si recava sposa a Ferrara, passò per la valle di Strettura, posta tra Terni e Spoleto, dove avvenne una sanguinosa rissa tra i suoi staffieri. Vedi Gregorovius, Lucrezia Borgia; Sansi A., Storia del Comune di Spoleto, parte II, pag. 132-33 e 144; ed anche Campello P., Il castello di Campello, vol. I, pag. 195, nota 2, nella quale, posti a raffronto i due viaggi, l'A. intuiva l'esistenza dell’antica strada, asserendo però, con lieve inesattezza, che se ne è, oggi, in parte, perduta la traccia.
  4. Sono tre grossi volumi membranacei, citati da molti, ma da nessuno studiati con la necessaria diligenza. Provengono, gli ultimi due dalla chiesa di S. Brizio, e il primo dalla chiesa di S. Felice di Narco. Il dotto Vescovo Paolo Sanvitale, cui Spoleto deve varii utili provvedimenti per la conservazione delle antiche memorie ecclesiastiche e civili, sullo scorcio del XVI secolo,