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Uscito Esperio dalla bolgia immonda,
Ove papeggia il gazzettume abjetto,
Di nuovo con Edea fidato all’onda,
Giunge a una terra di men triste aspetto:
Sul fragoroso mar che la circonda
E le balla dintorno il minuetto,
Un suo Castel di rose e d’aurea polve
La Morgana ogni dì fonda e dissolve.
Sotto a questo edificio evanescente,
Fra un luccichio d’iridescenti spume,
Un vociare, un urlar cupo si sente
Troppo di là da ogni civil costume.
Irta poggia e rocciosa ad occidente
La costa ai venti amica ed alle brume;
La spiaggia opposta facile ed amena
Apre al nocchier le sue braccia d’arena.