La mia pazienza a lungo andar s’è stracca;
Sempre aspettando non vuo’ viver io;
Se all’aria non buttiam questa baracca,
O portafogli del mio core, addio.
In fra la destra e la mancina racca
Adulando e mordendo io tiro al mio,
Ed in barba alle rigide marmotte
Alterno un colpo al cerchio, uno alla botte.
Ma ben che in tal mestier pari io non abbia,
Nulla compiccio, e resto nudo e bruco;
E intanto invecchio, e questa è la mia rabbia,
Ch’io nato volpe abbia a crepar da ciuco.
Chiamalo come vuoi èrpete, scabbia
Questo prurito che mi rode il buco,
Ma se fra’ sette or or non mi rificco,
A vostro danno e disonor m’impicco!
L’altro che dritto va.... Ma ho paura
Non abbia il mio lettore a intender male,
Poichè di dritto, fuor che l’andatura,
Nulla ebbe mai questo bel cesto; il quale
È un pasticcio, una torta, una mistura
Di scrittor, di travetto e di sensale,
Fin a’ capelli nei debiti immerso,
Poeta da commedia a tempo perso.