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Canto quarto 81


Per un andito alfin, dove fan bella
     Mostra di gazzettieri effigie a cento,
     Si giunge a una recondita cappella
     Sacra al dio Pane e al suo vorace armento;
     Quivi dell’uscio a questa parte e a quella
     Han magnifico busto e monumento
     Anton Francesco Doni e il pria divino
     Ed infame da poi Pietro Aretino.

Qui giunto Esperio, agli occhi suoi s’offerse
     L’onnivoro scrittor Partenopeo,
     Entro a cui le materie più diverse
     Fanno un dotto cacciucco anzi un cibreo;
     Uomo pien di cavilli e di traverse,
     Faccia di rospo ed anima d’ebreo,
     Per cui l’arte di scrivere è un tranello,
     Merce il saper, l’ingegno un grimaldello.

Pien d’orgoglio, di bile e di dispetto,
     Tumido, infagottato, in aria il muso,
     Pende dal braccio (ahimè non dal gibetto!)
     D’un che dritto sen va meglio d’un fuso;
     Strillando in suon di musico galletto,
     Dice corna d’ognun, come ha per uso;
     D’una bestemmia poi fatta una comma,
     Con gran sincerità conclude: Insomma