Per un andito alfin, dove fan bella
Mostra di gazzettieri effigie a cento,
Si giunge a una recondita cappella
Sacra al dio Pane e al suo vorace armento;
Quivi dell’uscio a questa parte e a quella
Han magnifico busto e monumento
Anton Francesco Doni e il pria divino
Ed infame da poi Pietro Aretino.
Qui giunto Esperio, agli occhi suoi s’offerse
L’onnivoro scrittor Partenopeo,
Entro a cui le materie più diverse
Fanno un dotto cacciucco anzi un cibreo;
Uomo pien di cavilli e di traverse,
Faccia di rospo ed anima d’ebreo,
Per cui l’arte di scrivere è un tranello,
Merce il saper, l’ingegno un grimaldello.
Pien d’orgoglio, di bile e di dispetto,
Tumido, infagottato, in aria il muso,
Pende dal braccio (ahimè non dal gibetto!)
D’un che dritto sen va meglio d’un fuso;
Strillando in suon di musico galletto,
Dice corna d’ognun, come ha per uso;
D’una bestemmia poi fatta una comma,
Con gran sincerità conclude: Insomma