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Canto terzo 65


Sente Esperio sul petto un’oppressura,
     Che triste, inqueto e smanioso il rende,
     Ma si fa men la sua tristezza oscura,
     Allor ch’Edea così a parlar gli prende:
     Ognun di questi c’han d’alber figura,
     Uno spirito umano in sè comprende,
     Di quei però che veste ebber talare
     Ed or son venerati in su l’altare.

Questo macenellier, che con la lieta
     Ombra e il soave frondeggiar ti alletta,
     E al passaggier, che ignaro ivi s’acqueta,
     Sonni maligni e morte indi saetta,
     La funesta virtù da una secreta
     Mente riceve a tal ufficio addetta,
     Dalla mente di lui che con parola
     Melliflua attrae, del perfido Lojola.

In quella tenebrosa upas di Giava
     Di Gusmano la torva alma s’infonde:
     Goccian però di sanguinosa bava
     Gl’incisi rami e di velen le fronde;
     Quel tetro stricno dalla noce prava
     Di Pietro d’Arbués l’anima asconde;
     Sibila in quel curaro ispido e nero
     D’Abelardo il nemico, anzi del Vero.