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64 Atlantide


Cinto il vasto edificio è d’ognintorno
     D’un giardino, anzi barco e bosco immenso,
     Che al primo entrar di miti arbusti è adorno,
     Ma poi d’atri e maligni alberi è denso;
     Piovon perpetua notte al reo soggiorno
     Immani euforbj dal veleno intenso,
     Perfide juche, ortiche arborescenti
     Dalle foglie irte di viperei denti.

Come colubri, cui tra loro aggruppi
     Frigida fame o caloroso amore,
     Serransi i rami in mille aspri viluppi,
     Onde piove un viscoso, orrido algore;
     Sprigionasi dai lor torpidi gruppi
     Qualche livida bacca e qualche fiore;
     Stillano i tronchi dal ferrigno seno
     Gomme che pajon latte e son veleno.

Rapaci augelli dal femmineo volto,
     Dal teso ventre e dall’assiduo strido.
     Qui dell’oro rapito al mondo stolto
     Fan mucchj e monti, e su vi fanno il nido;
     Da questa selva, ove non restan molto,
     Van della terra al più remoto lido,
     E con promessa, che i più tristi appaga,
     Assicurano il cielo a chi più paga.