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Canto terzo | 61 |
Quelli i ciottoli son che al contumace
Svevo fecer da coltre a Benevento;
Questo è lo stil che incise il volto audace
A chi i sacri sfatò lupi di Trento;
Splende il ferro con esso ond’ebbe pace
Il buono Errico all’alta lega intento,
Ma le tanaglie non vi son, che il fio
Fecer tosto pagar dell’atto pio.
Col triregno del settimo Clemente
E l’anel di Pio nono e lo zucchetto
Mira del Borgia il filtro onnipossente
E l’effigie del suo don Micheletto;
Là dell’ispana e dell’austriaca gente
Gl’intrecciati trofei fan bell’effetto;
A qual santo non so profferte in voto
Qui stan le bombe del Borbon devoto.
Di Giosuè la magica bacchetta,
Onde trema finor l’astro sovrano,
La vedi? è là: rimane ancora eretta,
E par che ancora egli la tenga in mano;
In memoria di scherno e di vendetta
E a perpetuo terror del genio umano
Qui si conserva in smerigliati vetri
L’ernia in guazzetto del Titan d’Arcetri.
5. — Rapisardi, Atlantide.