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Canto terzo 59


Mostri dir li dovrei, ma dal lucente
     Corazzone e dai baffi ispidi e neri
     M’accorgo ben, ch’essi hanno fitto in mente
     D’esser uomini affatto, anzi guerrieri:
     Io, che non son maligno e impertinente,
     Creder però li devo uomini veri,
     Se non che al ceffo, a’ panni, agli atti goffi
     Li posso gabellar per due gaglioffi.

Nati in libera terra, avidi a tale
     Son d’oro e sì buzzurri e sì cialtroni,
     Che la carnaccia loro andata a male
     Dànno a peso di legna e di carboni;
     Della freccia di Tell fanno un pugnale
     A servigio dei papi e dei Borboni,
     E pur che gonfia d’orzo abbian la pancia,
     Gravemente agli schiaffi offron la guancia.

Alle stupide ghigne, al sozzo gergo
     Dei due latranti cerberacci osceni
     Volge la coppia disdegnosa il tergo,
     E s’immerge in un ampio andirivieni.
     Come che giri il sontuoso albergo,
     D’ogni tesor diversamente pieni
     Son gli anditi, le sale, i palchi, il suolo;
     Sì che formano tutti un tesor solo.