Tuona per le navate ampie frattanto
Un rauco mostro dalle cento gole
Di metallo, e tre volte ulula: Santo!
E tre volte a tal suon si oscura il sole;
Prorompe a un tratto minaccioso un canto
D’incomprese, terribili parole,
Onde il popol, non prima ode l’estrema,
Con uno scoppio orrendo urla: Anatèma!
Anatèma al tuo capo, in fra le abiette
Plebi in ginocchio, irato Esperio grida,
A te, nume d’inganni e di vendette,
A te, vicario suo, vecchio omicida!
Ritempra, anima mia, le tue saette,
Fulmina, o mio pensier, l’antica sfida,
Se ancor, se ancor su questo gregge indegno
L’Error trionfa, e l’Impostura ha regno!
Càlmati, Edea gli dice, e non ti spiaccia
Trar da quest’aula maledetta il piede,
E ruttar lascia a questa rea mandraccia
Blasfemie vane e preci a cui non crede:
Poi che in ver di quant’essa e dica e faccia
Ispiratrice non è già la Fede,
Ma provien tutto da un sentor confuso
D’ipocrisia, di tornaconto e d’uso.