Ma quel che più d’Esperio attrasse il guardo
Un mostro fu, che lungo la deserta
Rada si strascinava immane e tardo,
Di color vario e di natura incerta:
Non mai dai miti al secolo bugiardo
Fu sì bizzarra e oscena bestia offerta,
Chè Sfingi a petto a questa Idre e Chimere
Parrebber belle, non che vive e vere.
Come d’enorme tartaruga tozzo
E gobbo ha il corpo a scacchi varj pinto,
Tutto di sangue e di materia sozzo
E di zampe e di code intorno cinto;
Qual tre serpenti in mostruoso accozzo,
Triplice ha il collo in varj nodi avvinto,
Su cui tre volti fan mostra arrogante,
Un di prete, un di sgherro, un di pedante.
Su ciascheduna testa arida e smorta,
Quasi ad emblema della sua natura,
Un coperchio o cappello il mostro porta
Di materia diverso e di figura;
L’uno è un tricorno, ond’ogni punta è storta,
L’altro un pajuol di nova architettura,
Il terzo un’ammirabil papalina
Fatta a Bisanzio di lana caprina.