Patrie non più! Non più biechi e selvaggi
Termini a cui l’umana onda si spezza,
Per cui depone Amore i dolci raggi,
E stolta Vanità gli odj accarezza;
Per cui l’Odio è virtù, studio gli oltraggi,
L’omicida furor nobile ebbrezza,
Arie sublime e glorioso vanto
Spremer di sangue un fiume, un mar di pianto!
Ma una patria, una legge, un popol solo,
Che nell’opre del braccio e del pensiero
Sempre più sorga a luminoso volo
E incalzi sempre più l’arduo mistero:
Una patria, a cui sia limite il polo,
Una famiglia a cui sia fede il Vero,
Un amor, che confonda entro sè stesso
Gli esseri tutti in un fraterno amplesso!
Di rei computi padre e di sospetti
Non più costringa i cori avido Imene,
Perchè preda al fastidio indi li getti
Di pregiudizj carchi e di catene:
Indi covata in trafficati letti
Un’egra stirpe tralignando viene,
Che smaniosa nel suo ferreo dritto
Dal tedio e dall’error giunge al delitto.