Ed ei, levati in me gli occhi, securo
Nella destra innocente il nappo strinse,
E propinato al mio regno futuro,
Bevve la morte ragionando, e vinse.
Torse il triplice mostro il guardo impuro,
Bramò nuove ostie, ad altre opre si accinse,
E in nuovo aspetto, ma con l’arti istesse
La Giudea corse, ed una croce eresse.
Ma su la croce, a cui confisse un pio
Sognator, ch’al mio regno era vissuto,
Tal nimbo io sparsi, ch’egli parve un dio
D’amore il regno ad affermar venuto.
O mansueto precursor del mio
Regno, eroe del perdono, io ti saluto:
Nel sagrificio tuo mite e fecondo
Fulge l’Idea cha darà pace al mondo!
Di tre raggi cresciuta ella traversa
L’ombre sacre all’errore e alla vendetta,
E più rapida ognora, ognor più tersa
Troni, cattedre, altari arde e saetta;
Parla, ed ai piedi di Telesio eversa
Cade la Sfinge in su le menti eretta;
Freme, e il rogo di Bruno ecco, risplende;
Arde, e il cor di Mazzini in lei s’accende.