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Canto dodicesimo 253


Radiava in tal dir d’Esperio il volto
     Nello splendor della vincente Idea,
     Mentre lo stuolo nella cimba accolto
     Alla fiamma di lui fremendo ardea;
     Anch’essa Edea benignamente ascolto
     Al numeroso favellar porgea;
     E con giojoso cor l’antica fede
     E il nobil estro in lui rinascer vede.

Non è senza ragione, indi gli dice,
     Ch’arde il tuo core e il tuo pensier sfavilla:
     L’isola mia, l’Atlantide felice
     All’orizzonte, in vista, ecco già brilla;
     Sente l’anima tua la redentrice
     Aura, e come ago verso il polo oscilla;
     E la virtù che dentro a sè n'accoglie,
     Qual moto in foco, in armonia si scioglie.

Disse, ed ecco laggiù, dove sul mare
     Curvasi il cielo e fra le braccia il prende,
     Come disco di sole, in su le chiare
     Onde la fortunata isola splende:
     Così fuor d’una grande anima appare
     Un’alta Idea che l’età pigra accende;
     Così le luminose ali disserra
     Dall’ombre il Genio a benedir la terra.

17. — Rapisardi, Atlantide.