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Canto undecimo 243


Passa il carro fatale, e i sonnolenti
     Popoli sveglia e i novi animi aduna,
     E là tuona ove i freddi raggi lenti
     Piove sul morto Egeo l’odrisia luna.
     Ahi, la terra dei numi e dei portenti
     Giacerà parte inonorata e bruna?
     Gemerà sotto all’ottomano immondo
     Chi nel vel delle Grazie avvolse il mondo?

Rompi i miseri chiostri, in cui malfido
     Di mercanti e di re zelo t’inferra,
     E dal Rodope all’Ida in fiero strido,
     Aquila dell’Olimpo, il vol disserra!
     Tessa pur fra gl’incensi arabi il nido,
     Ma sgombri il turpe Osman l’ellenia terra;
     E i truci sogni e i perfidi terrori
     Dello schiavo tiranno Asia divori!

Vola, o magico plaustro; e poi che infranti
     Cadan gli altari orrendi e i troni infidi,
     Della catena luminosa i santi
     Nodi avvolgi alla terra, o tu che il guidi!
     Tu, di giustizia ispiratore, a quanti
     Popoli all’onor tuo vivano, arridi;
     Tu, di pace foriero, in un possente
     Patto di libertà lega ogni gente!