Chi per fame di lucro o di possanza
Rinnegò l’alta idea che un dì l’accese,
Perennemente in tormentosa danza
Turbina in questo squallido paese:
Ogni giro che fa, muta sembianza,
E col prossimo suo viene alle prese;
Ad arraffar la granfia avido ruota,
Ma la ritrae con l’ugne mozze e vuota.
Vedi quell’altalena eretta sulla
Roccia, da cui fremendo il mar si arretra,
E quell’ombra di re, ch’ivi si culla,
Dal bieco sguardo e dalla faccia tetra?
Essa è del Tentennon l’anima brulla;
Nè tregua mai di cotal gioco impetra,
Gioco o supplizio che la Storia inflisse
A chi tradendo e titubando visse.
Pende in un ondeggiar perpetuo e lento
Fra due travi la bieca Ombra sospesa,
E una salma ti par ch’onduli al vento
In fra le gambe d’una forca appesa;
La Viltà quindi e quinci il Tradimento,
Ond’ebbe Italia invendicata offesa,
Col guardo al suol, con man di sangue tinta,
Alternamente a lei danno la spinta.