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Canto decimo 215


Superbi agli altri innanzi ecco van due
     Con aureo serto e con purpureo rostro,
     Alla cui doppia ereditaria lue
     Volpeggiando ubbidisce ogn’altro mostro;
     Dalle profondità orride sue
     Romba a’ lor voli il tenebroso chiostro,
     Sopra cui l’orda tetra accolta in cerchio
     Fa delle fragorose ali coperchio.

E sè di sè tessendo in ferrea tenda,
     Calasi turbinosa e si dirupa,
     E come sepolcral lapida orrenda
     Di quel baratro immenso il vano occùpa.
     Una voce di pianto, una tremenda
     Bestemmia odi echeggiar per l’aria cupa;
     Odi fra la tempesta atra dell’ale
     Del gigante suonar l’ansia ferale.

Ansa il confitto, e dalla cieca tomba
     L’affannoso fragor fino al ciel giunge,
     Quando su lui lo stuol grifagno piomba,
     E ingordo il preme, e piaghe a piaghe aggiunge;
     E qual nel fianco l’assetata tromba
     Figge aspirando, e quale il cor gli punge,
     Quale il cervello gli dilania, e mentre
     Sen pasce, sopra a lui scarica il ventre.