Rapido ei piomba nell’immenso vuoto,
Che l’incalza, l’assorbe e lo divora;
Peso a peso si aggiunge e moto a moto,
Ruina il tempo, ed ei ruina ognora;
Pei tenebrori dell’eterno ignoto,
Che non videro mai riso d’aurora,
Precipita incessante, e dei maligni
Spiriti per la notte ode i sogghigni.
Cade alfin sussultando appiè d’un alto
Scoglio ch’al cielo avventa il picco irsuto,
Quasi titan che muova al cielo assalto
Dal cupo abisso, ov’è dal ciel caduto;
Stendesi intorno, qual puniceo smalto,
Un mar da spaventose ombre tenuto,
Che, sia di sangue o di bollente foco,
Fremebondo s’inalza a poco a poco.
Sorge, ed isola fa tra le rosse onde
Una riversa, smisurata croce,
Dove un gigante dalle membra immonde
Confitto piange in minaccevol voce;
Si dilatan le sue piaghe profonde
Perennemente con stridor feroce;
E dalle piaghe e dalle ciglia spente
Sgorga di sangue e lacrime un torrente.